L'intervista

A tu per tu con Bruno Baldassarri, il maestro che ha fatto della musica e della poesia la sua vita

Bruno Baldassarri

FOLLONICA – Scrittore e musicista, Bruno Baldassarri ha insegnato per molti anni alla scuola elementare di Follonica, dove ha condotto sperimentazioni di Educazione al suono ed alla musica . E’ compositore melodista, nonché fondatore ed ex direttore delle corali polifoniche Santa Cecilia e Giovanni Pierluigi da Palestrina di Grosseto, del centro concertistico Landino di Grosseto e del Centro di poesia Leopardi di Grosseto.

Il 6 febbraio scorso è tornato a Follonica per presentare nel salone dell’ex Casello Idraulico di via Roma “Non chiese più niente”, la sua ultima fatica letteraria datata novembre 2019 edita da Felici Editore. Anche io mi trovavo lì per complimentarmi con lui e concordare un’intervista.

Da quel giorno è passato un bel po’ di tempo, e lui, oggi, mi rinnova la sua gentile disponibilità a rispondere alle mie domande.

Maestro Bruno, che effetto le ha fatto tornare dopo tanti anni nella “sua” Follonica da scrittore?

Tornare dopo tanti anni a Follonica mi ha procurato forti emozioni; ritrovare tante colleghe e colleghi ed alcuni miei ex alunni mi ha riportato indietro nel tempo e riacceso giorni, mesi ed anni vissuti nel cuore della musica.

A Follonica ho insegnato per una ventina di anni ed ho composto per gli alunni di quelle scuole molta musica. Lì ho consumato molti momenti importanti della mia carriera di maestro ed ho vissuto numerosi eventi emozionanti: concerti, rappresentazioni teatrali, seminari, feste e ricorrenze di ogni tipo.

Ricordo con piacere e con una certa nostalgia molte occasioni, ma in modo particolare il primo grande concerto di Natale, tenuto a Cassarello, a cui parteciparono tutti i bambini della scuola, da quelli delle classi prime a quelli delle classi quinte. Ricordo ancora la grande sala di musica gremita di genitori, parenti ed amici dei ragazzi: era l’anno 1984.

Nella sua attività di scrittore ha pubblicato innumerevoli volumi di poesie, ci vuole spiegare per quale motivo la poesia sembra essere per lei così importante?

Ho sempre scritto poesia fin dagli anni del liceo classico. La poesia per me è uno strumento che l’uomo ha a sua disposizione per comprendere meglio se stesso e gli altri, il mondo e la vita, le cose. Come dice Mario Luzi, il mio grande e compianto maestro: “La poesia è affinamento interiore”.

Essa è forma rivelatrice delle essenze, dello stato profondo ed interiore di ogni essere e di ogni evento, spogliati di ogni interferenza esterna.

La poesia si può definire un itinerario affascinante verso la conoscenza di sé e del mondo, delle verità che riguardano l’uomo ed i misteri dell’universo, una strada verso le conoscenze essenziali e fondamentali della vita.

Fare poesia richiede un atteggiamento alla trasparenza, alla ricerca ed alla rivelazione della verità, qualunque essa sia, anche dolorosa.
Rendere comprensibile quello che il poeta percepisce, richiede un lavoro costante sulla forma del pensiero, che costringe a chiarire ed a ordinare scoperte ed intuizioni, apprendimenti e previsioni.

Tra questi volumi c’è “La mia Maremma“ Edizioni Dianum, qual è il rapporto che lei ha con questa terra?

Fin da giovane, anzi fin da bambino, ho sempre avuto un rapporto d’amore e di meraviglia per la mia terra; la sua natura, le sue atmosfere, il suo clima, i suoi colori, i suoi profumi, i suoi cieli mi hanno sempre affascinato e stupito; tantissime volte la mia Maremma mi ha offerto stupende sensazioni di spaesamento e di meraviglia ed ha influito profondamente sul mio modo di sentire e di vivere.

Sulla mia terra ho scritto tanto: ho descritto paesaggi e persone, cose e stagioni, cercando di coglierne gli aspetti più intimi e nascosti, i momenti più straordinari e commoventi.

In ogni mio libro di poesia si ritrova la Maremma con i suoi ambienti ed i suoi paesi, con il suo popolo umile e forte, con le sue bellezze e le sue contraddizioni; oltre a “La mia Maremma” e “Maremma amara…e benedetta”, altre due raccolte in modo particolare documentano tutto questo: “Dimore” e “Versi all’antica”.

Ed arriviamo a “Non chiese più niente”. Ci vuol raccontare qual è stata la molla che ha fatto scattare in lei la voglia di scrivere un romanzo? E ci vuol raccontare brevemente di cosa tratta?

Dopo tanti libri di poesia ho sentito la necessità di raccontare il mio sentire anche in prosa; in questo periodo della mia vita, in questo tempo di maturità e di costante riflessione, mi è sembrato giunto il momento di esprimere con maggiore semplicità e chiarezza la mia filosofia di vita. Inoltre volevo evocare alcuni episodi biografici, vissuti con mia moglie Rita, scomparsa durante la stesura del libro ed alla quale è dedicato.

Io mi definisco un “possibilista”, cioè uno che reputa ogni teoria possibile, dato che la verità assoluta non la possiede nessuno; tuttavia alcune teorie mi convincono di più di altre e così nel romanzo ho raccontato uno spaccato di vita di persone semplici, ma sorrette da grandi e profondi valori umani, come la libertà, il rispetto degli altri e l’amore.

Ho composto un mosaico di personaggi, condizionati da incontri e da eventi, capaci di cambiare repentinamente il corso della loro vita.
Il romanzo è ambientato nel periodo storico in cui in Italia si afferma il fascismo, in una terra arida e avara, dove si muovono e soffrono i molti personaggi, perseguitati dalla povertà e dagli eventi politici. Sono per lo più semplici paesani, sostenuti da grandi ideali, che soffrono la fatica del vivere e la prepotenza dei potenti.

Al centro della storia ci sono due giovani: Dino, che si pone mille domande e cerca di dare un significato al mistero della vita, e Viviana che, costretta ad un matrimonio infelice, insegue l’amore.

Ed ora torniamo alla musica, lei ha composto musical per bambini su grandi opere letterarie come “Pinocchio” di Carlo Collodi, “Lo Stralisco” di Roberto Piumini e “Il Gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach, quanto è importante secondo lei l’insegnamento della musica nell’età dell’infanzia e quanto è importante nella vita?

Per i ragazzi ho musicato molte opere letterarie e molte fiabe, convinto che musica e teatro siano altamente formativi e lascino un segno profondo ed indelebile.

Tra le opera più importanti ho musicato: Il piccolo Principe di Antoine de Sait-Exupery; Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach; Lo Stralisco di Roberto Piumini; Pinocchio di Collodi e moltre altre fiabe classiche. Per Nomadelfia ho composto musiche e testi per il musical “I ragazzi di don Zeno”.

Per me la musica è stata ed è ancora un modo di vivere, di sentire, di capire e di comunicare. Ogni volta che ho avuto qualche problema sono sempre ricorso alla musica di Mozart come strumento consolatorio e catartico: essa ha la capacità di rasserenare, di purificare e di sanare angosce e paure, di rendere migliori. La musica e la parola sono state per me una guida continua.

Per me la musica è il linguaggio universale, che tutti possono comprendere, perché ha la capacità di innestarsi direttamente ed immediatamente sull’animo umano; la musica è l’evento naturale che più somiglia allo spirito, con la sua vaghezza ed indeterminatezza. Inoltre raffina l’animo e matura la sensibilità.

Ultimamente sulla sua pagina Facebook lei ha attivato ben due progetti legati alle parole in che cosa consistono?

Ogni martedì pubblico su Facebook una poesia da condividere con tanti amici; sono riflessioni e sentimenti sui problemi della vita. In questo periodo così drammatico della nostra storia mi è sembrato importante riflettere sul nostro modo di vivere e di relazionarci con la natura e con nostri simili. Ho scritto versi sulla pandemia, sull’isolamento che ci è stato imposto dal virus, sulla bellezza della natura che stiamo continuamente distruggendo, sulla parola stessa e sulla necessità di comunicare con efficacia.
Inoltre ho cominciato a leggere per gli amici alcune pagine del mio romanzo, convinto che si debba anche parlare della lettura ad alta voce; purtroppo si legge sempre meno e sempre peggio. La parola è costituita da tre elementi: significato, suono e ritmo e per apprezzarla nella sua completezza dobbiamo leggere ad alta voce, mettendo in pratica una serie di elementi espressivi come tono, volume, tempo, ritmo, mordente e colore, usando intonazioni, inflessioni della voce, pause.

Antonio Tabucchi diceva : “La filosofia sembra che si occupi solo della verità ma forse dice solo fantasie e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie ma forse dice la verità”. Che cosa è la letteratura secondo lei e cosa è la verità?

Mario Luzi in una intervista afferma : “Ho avuto una specie di dilemma da risolvere tra la filosofia e la poesia, intorno ai vent’anni. È stata un’incertezza, poi la poesia ha vinto”. Ed aggiunge: “Così m’invaghivo della poesia, la sentivo al di fuori dei canoni della retorica, che allora imperava come disciplina propria della scuola, era una materia di studio. Dunque presi gusto, interesse ed amore alla poesia come tale, la scrittura diventò poesia. Ho compreso il rapporto fra l’uomo e la parola, l’uomo e la sua necessità di saltare dal minimo privato all’universo”.

Anche per me la letteratura (poesia e prosa) è più aderente alla vita, più vicina alla verità; non nego che la filosofia sia importante, perché offre all’uomo un notevole strumento d’indagine e di riflessione.

La verità è la piena rispondenza tra ciò che affermiamo con la realtà effettiva, spogliata di ogni apparenza ed inganno; essa pretende una ricerca continua, poiché si sposta sempre in avanti, come si spostano le scoperte e le nuove conoscenze. E poi c’è la verità dei valori universali ed inalienabili, come il diritto alla vita, alla salute, al lavoro ed alla libertà.

“Là dove si arresta il potere delle parole – disse Richard Wagner – comincia la musica”.

Grazie.

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