Infermieri InForma: “Il ragazzo è intelligente, ma non si impegna”. La dislessia riconoscerla per crescere

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di  Acquisti Adele Infermiera, dottoressa, Master in Coordinamento per le Professioni Sanitarie Operatrice specializzata in Taping Elastico

La dislessia fa parte della grande famiglia dei DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), disturbi del neurosviluppo che coinvolgono la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto, si manifestano con l’inizio della scolarizzazione. Insieme alla dislessia, disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo, i DSA hanno varie manifestazioni, come la disortografia, disturbo specifico della scrittura che si manifesta con difficoltà nella competenza ortografica e nella competenza fonografica, disgrafia, disturbo specifico della grafia che si manifesta con una difficoltà nell’abilità motoria della scrittura, discalculia, disturbo specifico dell’abilità di numero e di calcolo che si manifesta con una difficoltà nel comprendere e operare con i numeri. Tali disturbi dipendono di diversi meccanismi di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo, non sono causati né da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali. La Dislessia non è una malattia e lo stesso vale anche per tutti i DSA. Talvolta è difficile comprendere le difficoltà che riscontrano i bimbi o i ragazzi dislessici compiendo queste azioni, che per noi risultano apparentemente semplici, spesso essi vengono erroneamente considerati, nonostante la spiccata intelligenza, svogliati, sono i classici “è intelligente ma non si impegna”. Non hanno problemi cognitivi legati alla comprensione, ma un ragazzo dislessico per leggere e scrivere, deve impiegare tutte le proprie energie, si stanca presto, si distrae, commette errori e si sente costantemente in difficoltà. In Italia la dislessia è ancora poco conosciuta, anche se si stima che ci sia almeno un alunno con un DSA per classe.

La diagnosi dei DSA può essere fatta solo dopo la fine della seconda elementare, ma si possono presentate degli indicatori precoci già dai 4 o 5 anni di età, come ad esempio, difficoltà nell’apprendimento della lettura e della scrittura, della conoscenza delle parole e dei significati, nel ripetere e individuare toni, suoni, sillabe e parole simili, difficoltà nel ritagliare o nel costruire. Gli indicatori tipici alla fine della prima elementare, si caratterizzano per la difficoltà nella lettura (lenta decifrazione delle singole lettere, incertezza nell’utilizzo delle sillabe, scarso controllo del significato delle parole), difficoltà nella scrittura (scarsa autonomia nella scrittura delle parole, sostituzioni o elisioni di lettere, difficoltà nell’atto della scrittura), difficoltà nell’uso dei numeri (errori nel conteggio da 0 a 20, errori nel passaggio dalla pronuncia alla scrittura dei numeri da 0 a 20, difficoltà nel calcolo a mente entro il 10), si possono anche manifestate difficoltà di coordinazione, di motricità fine, di organizzazione delle attività e delle sequenze temporali e può capitare che si manifesti più di un disturbo specifico dell’apprendimento, spesso i DSA sono associati a disturbi dell’attenzione.

Quando si sospetta di avere un figlio dislessico, ci si deve rivolgere al pediatra e agli insegnanti per valutare eventuali percorsi di potenziamento per risolvere le problematiche evidenziate e se l’attività didattica risulta inefficace, bisogna fare, al più presto, una valutazione diagnostica. Occorre quindi rivolgersi al Servizio Tutela della Salute Mentale e Riabilitazione in Età Evolutiva, o all’Unità operativa di Neuropsichiatria Infantile della propria ASL di riferimento o a specialisti privati. Verranno somministrati al bambino dei test per valutare l’intelligenza, la capacità di scrittura e di lettura, la comprensione del testo e la capacità di calcolo.

Per affrontare il tema della dislessia è bene conoscere quali possono essere le strategie e gli strumenti utili. L’obiettivo da raggiungere non è quello di portare i parametri di lettura di una persona dislessica ai livelli di un normo-lettore, ma quello di acquisire strategie che gli permettano di studiare e apprendere. In molti casi essi sviluppano autonomamente delle strategie compensative per affrontare le richieste scolastiche, si parla in questi casi di “Autocompensazione”. Gli strumenti compensativi, che le strutture scolastiche applicano, sono citati nella legge 170/2010 e hanno lo scopo di garantire l’autonomia dello studente. Gli strumenti compensativi per il dislessico sono paragonabili agli occhiali per il miope. Non è una facilitazione, in quanto non rende meno oneroso lo studio della materia, non è un vantaggio, in quanto non pone chi lo utilizza in una posizione privilegiata rispetto a gli altri. Come avviene per gli occhiali, non è detto che con il tempo non sia necessario cambiarli. Molti strumenti compensativi possono essere fruibili mediante l’uso del PC, ma il loro utilizzo deve comunque essere integrato con il percorso di studio, le strategie e una didattica adeguata, condivisa tramite il PDP (Piano Didattico Personalizzato). Gli strumenti compensativi, sia quelli ad alta che quelli a bassa tecnologia, sono utili sia per compensare le difficoltà degli studenti che per valorizzare le loro abilità e il loro potenziale, diventano fondamentali per accompagnare i ragazzi in un percorso di autonomia.

La dislessia e gli altri disturbi specifici dell’apprendimento spesso si compensano, ma continuano ad avere conseguenze anche nell’età adulta, dove è difficile accedere alle misure di supporto previste dalla legge 170 e la valutazione e la diagnosi sono più difficili da ottenere a causa della mancanza di servizi diagnostici specializzati. Negli ultimi anni sono stati sviluppati questionari, che possono essere somministrati per sondare un primo sospetto, prima di passare alla valutazione neuropsicologica. Le leggi esistenti in Italia non tutelano i dislessici nell’ambiente di lavoro, diventa quindi importante approfondire la conoscenza di queste tematiche e la formazione in merito anche nelle aziende. La dislessia in età adulta è una realtà in evoluzione, i nuovi dislessici sono giovani consapevoli, che non nascondono le difficoltà, ma cercano di affrontarle in modo positivo e di sfruttare al meglio i propri talenti personali. La diagnosi di dislessia da grandi può essere vissuta come un importante momento di spiegazione e liberazione: le difficoltà scolastiche, le faticose battaglie e le grandi conquiste del periodo della crescita acquisiscono un significato diverso. La diagnosi e il riconoscimento del disturbo offrono una nuova chiave di lettura di se stessi che può portare a una situazione di benessere soggettivo del ragazzo dislessico.

Per tutti questi importanti motivi è importante far attenzione ai campanelli di allarme e andare alla ricerca di una diagnosi accurata. Non serve accanirsi sul bambino o sul ragazzo poiché ci appare svogliato e poco concentrato, ma bensì individuare tramite dei professionisti e degli specialisti delle strategie per potenziarne le capacità e non demolirne l’autostima, favorendo così una crescita sana e uno sviluppo adeguato.

Fonte- www.aiditalia.org

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