L'intervista

A tu per tu con Ruggero Stanga, l’astrofisico con il cuore in Maremma

Ruggero Stanga

FOLLONICA – E’ una mattina di febbraio, il sole la fa da padrone, e forse non avrebbe potuto essere diversamente dato che sto per intervistare un astrofisico. Mi piace pensare che oltre a me, anche la stella attorno alla quale gravita il nostro pianeta voglia dargli il benvenuto e ringraziarlo di essere qui.

Astrofisico e docente presso l’Università di Firenze dove fino a poco tempo fa ha insegnato fisica ed astronomia, ora in pensione, Ruggero Stanga è attualmente responsabile della sezione astronomica dell’Osservatorio Polifunzionale del Chianti, è Presidente dell’UNI 3 della Val di Cornia e inoltre collabora con l’osservatorio astronomico di Arcetri.

Ruggero, lei è nato a Cremona, abita a Firenze, ma ha un forte legame con la Maremma. Ce lo vuole spiegare?

Certamente: ho sposato una maremmana, di Gavorrano. Poi ho anche una casa a Campiglia Marittima in Val di Cornia e passo molto del mio tempo estivo al mare tra Baratti e Populonia.

Come è nata la sua passione per le stelle?

Da ragazzino. Non c’è un perché né un quando. E’ successo e sono una delle persone che per buona sorte è riuscita a fare nella vita la professione che desiderava fare.

“E’ un dovere di un astronomo comporre la storia dei moti celesti attraverso uno studio attento ed esperto” Diceva Niccolò Copernico. Ma che cosa è un astronomo?

Che cosa sia un astronomo dipende dall’epoca storica in cui si definisce. I record più antichi di uomini che hanno guardato il cielo e ne hanno lasciato traccia risalgono a qualcosa come 17mila anni fa, quando a Lascaux gli uomini che abitavano la caverne dipinsero il soffitto della caverna in cui stavano. Al buio, la luce dell’ingresso non iusciva a penetrare, era necessario accendere torce per illuminare l’ambiente. Ciò che avevano raffigurato erano costellazioni, in particolare il Toro e le Pleiadi: chiaramente visibili, non equivocabili, non c’è dubbio, quelle erano loro. Perchè l’hanno fatto? Le costellazioni erano importanti, perché nel loro succedersi in cielo si leggeva il susseguirsi delle stagioni della Terra e quindi esse annunciavano eventi quali per esempio l’epoca della maturazione delle bacche, quando gli uomini ancora non praticavano l’agricoltura ma andavano solo a raccogliere, oppure le migrazioni degli animali, insomma, tutte quelle informazioni che servivano alla società dell’epoca per prepararsi a fatti importanti per la loro vita. Quindi la lettura del passare del tempo nel cielo, non solo dei giorni ma anche dei mesi e degli anni: era questo che faceva l’astronomo all’epoca; poi con lo studio e l’analisi dei fenomeni celesti è arrivato l’astronomo che prevedeva gli eventi, prima imprevedibili: le eclissi di Sole o di Luna; le comete che ritornano; ad esempio, forse qualcuno ricorda la previsione dell’impatto della cometa Shoemaker–Levy 9 su Giove nel 1994; al giorno d’oggi l’astronomo si occupa anche di ricerche sugli asteroidi vicini che potrebbero fornire elementi rari o difficili da ricavare sulla Terra. Infine, al giorno d’oggi, l’astronomo si occupa di capire tutte le forme e i modi in cui la materia si aggrega nell’universo per dare vita a stelle, sistemi planetari, galassie, quasar, e per capire come questo universo si è formato a partire dal momento iniziale, il famoso Big Bang; come la materia da quegli istanti iniziali si è evoluta per arrivare poi a quello che vediamo ora. Carl Sagan, un famoso astrofisico molto attento alla divulgazione, disse che l’uomo è il “ mezzo attraverso il quale l’Universo prende coscienza di se stesso”. Se vogliamo, questo è anche il compito degli astronomi. Ma non solo degli astronomi, naturalmente.

“L’astronomia costringe l’uomo a guardare oltre e ci conduce da un mondo ad un altro” diceva Platone. Secondo lei ci potrebbero essere altri mondi oltre a ciò che conosciamo?

Sì, ci potrebbero essere altri mondi nel senso che ormai sono stati identificati pianeti che ruotano intorno ad altre stelle qualcuno più simile alla Terra, altri che lo sono meno. Sono stati idividuati pianeti che sono abbastanza vicini alla loro stella, la cui temperatura potrebbe permettere la presenza di acqua liquida, condizione importante per avere poi forme di vita. Nell’universo ci sono miliardi e miliardi di stelle come il Sole o simili al Sole che hanno pianeti sui quali è possibile ci siano forme di vita E ci sono idee sul fatto che le molecole complesse alla base della vita siano cadute sulla Terra, portate da meteoriti, da asteroidi. La vita si è formata molto presto sulla Terra, qualcosa come tre miliardi e ottocento milioni di anni fa: la Terra si è formata 4 miliardi e mezzo di anni fa; la vita sulla Terra ha una storia travagliata: ci sono state almeno cinque estinzioni di massa in cui un gran numero di specie viventi si è estinto. Però la vita è rimasta: sembra che una volta che la vita riesce a nascere, poi liberarsene sia difficile. Concludendo, mi sembra probabile che in qualche altro punto dell’universo si siano assemblate molecole che abbiano dato il via a esseri viventi; ovviamente, con tutta l’attenzione che va sulla definizione di che cosa mai sia la vita. Tuttavia, la possibilità entrare in contatto con esseri coscienti che vivono in altre regioni dell’Universo, la vedo molto remota: le distanze sono enormi, e i tempi di percorrenza con i mezzi ragionevolmente prevedibili sono infinitamente lunghi rispetto alla vita umana, rispetto alla durata delle civiltà storiche, addirittura rispetto al tempo di evoluzione delle specie viventi.

Bene Ruggero, a questo punto ci vuole spiegare che cosa è una stella?

Una stella è tutto sommato una cosa piuttosto semplice; un’enorme palla di gas che produce energia grazie alla fusione di atomi di idrogeno in atomi di elio al suo centro, là dove la pressione e la temperatura sono estremamente alte e quindi le reazioni di fusione nucleare possono avvenire. Abbiamo imparato come funzionano le stelle da circa un secolo, prima c’erano idee vaghe su come il Sole ci avesse illuminato per tutto il tempo che si reputava avesse funzionato, perché non erano noti carburanti o sorgenti di energia che ne potessero dare conto. Finalmente, circa un secolo fa, si è scoperto il meccanismo applicando alle stelle le analisi, gli studi sul comportamento degli atomi e dei nuclei atomici e si è capito che dall’idrogeno era possibile produrre elio, e, insieme, energia. Questo racconto è un bellissimo esempio di interazione ed estrapolazione tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. Chi studiava gli atomi non pensava alle stelle, e questo è un esempio importante di quello che succede normalmente nella ricerca: la ricerca è un’impresa strategica nel senso che si mettono sforzi, denaro, persone che ci lavorano per cercare di trovare risposte a domande precise, attuali che poi spesso generano concetti, strumenti intellettuali o pratici che risolvono anche altri problemi, in modo inatteso. Per esempio, dagli studi delle particelle elementari adesso possiamo disporre di radiografie, di tomografie assiali computerizzate, di risonanze magnetiche; è attraverso gli studi sull’elettricità e sul magnetismo che ora possiamo parlare con tutti usando strumenti cosi piccoli come gli smartphone. La nostra vita ormai è profondamente intrecciata con lo sviluppo delle conoscenze. Che comincia da quando l’uomo calca la Terra; il fatto di poter raccontare, di potere trasmettere le esperienze che ciascuno ha fatto, di poter trasmettere le idee e di poterle elaborare è stato un asse importante nell’evoluzione umana che ha fatto sì che noi oggi siamo quello che siamo. Tutto ciò si chiama cultura.

La stella polare poi è ed è sempre stata un riferimento…

Be’, è la stella più luminosa dell’Orsa Minore, è stata definita stella polare dalla seconda metà del 1600, anche se fin dal Medioevo era nota come Stella Maris. Perché? Beh perché la terra gira intorno a se stessa, gira intorno ad un asse e questo asse punta un punto della volta celeste, che non è lo stesso, di anno in anno si sposta di pochino e impiega 26mila anni a fare un giro completo e a tornare al punto di prima. Però 26mila anni non sono un tempo infinito, basta qualche secolo perché il fatto diventi evidente. Se andiamo indietro all’epoca dei grandi poemi, non c’era una stella polare, Omero non cita mai una stella polare ma parla delle stelle dell’Orsa che non si bagnano mai nell’Oceano. Ora c’è una stella polare che ci aiuta a determinare il nord; però nell’emisfero meridionale non c’è una stella polare del Sud, e i polinesiani hanno molti altri metodi per orientarsi anche di notte. Omero poi cita abbondantemente le stelle, le paragona ai fuochi dell’accampamento dei greci che vedevano i Troiani quando guardavano dalle mura della città; Esiodo elenca le stelle che compaiono in cielo nelle varie stagioni e ne fa un riferimento temporale per le attività degli agricoltori.

La notte di San Lorenzo tra leggendo e realtà… Ci vuole dire che cosa succede?

Dunque, tutti conosciamo le comete, sappiamo che le comete hanno una coda che è fatta anche di granelli di polvere. Le comete sono palle di ghiaccio che quando si avvicinano al sole lasciano evaporare il ghiaccio. Il ghiaccio quando evapora libera i granelli che la cometa ha raccolto nel suo viaggio, particelle molto minute, dimensioni dell’ordine di qualche micron, non pensiamo ai ciottoli di fiume. Bene, succede che una cometa attraversi l’orbita della Terra e la cometa con queste particelle fa proprio come Pollicino che lasciava i sassolini lungo il cammino per ritrovare la via di casa. Questi granelli rimangono lungo l’orbita. La Terra ritrova ad ogni passaggio, ogni anno, questa scia di particelle sulla sua strada; quelle che entrano nell’atmosfera danno origine al fenomeno delle stelle cadenti. Questo è vero per le lacrime di San Lorenzo ma è vero per altri sciami di meteore che si trovano in diversi periodi dell’anno generati da comete diverse. Quelle di San Lorenzo sono le più famose perchè visibili nelle bella stagione, sono appariscenti, la gente sta alzata fino a tardi e quindi le vedono in molti, mentre quelle che si presentano d’inverno quando fa freddo ed è spesso nuvoloso, sono note soltanto a pochi interessati.

Come definirebbe l’universo con tre aggettivi?

Direi vivace, molto vivace, insospettabilmente vivace; grande, estremamente grande al di là di ogni comprensione umana; e poi vuoto, nel senso che ci sono moltissime cose ma sono così lontane le une dalle altre che perfino la luce impiega migliaia, milioni, miliardi di anni per andare dall’una all’altra.

Se lei fosse un pittore come dipingerebbe il cielo?

Nel corso dei secoli le persone importanti si sono fatte dipingere i cieli di nascita, cioè la configurazione delle stelle al momento della nascita, come identificativo della loro storia, della loro vita. Se io dovessi dipingere il cielo non dipingerei quello della mia nascita perché è del tutto irrilevante però farei una cosa come quella che facevano i nostri predecessori, i nostri antenati a Lascaux: disegnerei un cielo con quei fenomeni che sono correlati alla nostra vita.

Vincent Van Gogh disse “non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare”ed io sono perfettamente d’accordo con lui.

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