di Lorenzo Falconi — Tweet to @LoreFalcons
GROSSETO – La battaglia è appena all’inizio, ma il trasferimento del Ce.Mi.Vet (Centro Militare Veterinario) rischia di diventare un fatto concreto e di mettere a repentaglio anche i posti di lavoro. In totale, nella struttura sono impegnati circa 400 persone, ma la sopravvivenza del centro è fortemente messa in discussione. Una decisione che appare inspiegabile sotto ogni punto di vista, con la rimozione dal territorio di una struttura esistente dalla seconda metà del XIX secolo, fino a diventare il centro di riferimento nazionale per l’addestramento dei cavalli dell’esercito e, dal 2002, anche dei cani. Lo spostamento del Ce.Mi.Vet, situato in uno spazio di 850 ettari nei pressi della Diaccia Botrona, lascerebbe inutilizzati i pascoli e causerebbe l’interruzione dell’ippoterapia, con conseguente abbandono delle strutture veterinarie. Il punto è che tale spostamento, non rientrerebbe nemmeno nell’ottica della spending review, perchè la struttura sarebbe trasferita a Montelibretti, in provincia di Roma, dove i cavalli arrivano solo dopo tre anni di addestramento nel capoluogo maremmano. Un sito, quello romano, che dovrebbe essere sottoposto a una costosa opera di ristrutturazione, in quanto non in grado, allo stato attuale, di svolgere la stessa funzione iniziale del Ce.Mi.Vet.
«Ho scritto al ministro della difesa Roberta Pinotti – spiega il sindaco Emilio Bonifazi -, per essere ascoltato. Come risposta ho ottenuto che verrà in visita a luglio, e quella sarà l’occasione anche per parlare di Eurovinil, visto che la parte riguardante il settore della difesa è stata smantellata dai proprietari. Ho già esposto in una nota la netta contrarietà della città e della Maremma sul trasferimento del Ce.Mi.Vet, perché una storia lunga 150 anni non può essere cancellata. Le conclusioni, inoltre, sono chiare, in quanto o la difesa decide che il cavallo non va più allevato in Italia, oppure non ha senso che venga portato via dalla Maremma».
Nell’occasione, il primo cittadino di Grosseto si è soffermato sulla probabile chiusura del deposito artiglieria (ex Ansaldo), a rischio smantellamento. Si tratta di un’area militare di 15 ettari che ospita un presidio di supporto logistico e di rifornimento. «Con lo Stato Maggiore dell’esercito rappresentammo la nostra disponibilità a modificare lo sfruttamento urbanistico per riconvertire e riqualificare i volumi esistenti. Non siamo stati ascoltati e non abbiamo ricevuto risposte – precisa Bonifazi -, ma la nostra disponibilità è comunque sempre presente». In questa struttura sono a rischio 130 posti di lavoro complessivi.