GROSSETO – Ecco come la crisi a ha cambiato la Maremma e l’Italia. La “fotografia” è stata scattata dal centro studi Cna che definito uno spaccato «in cui la Maremma, visti i dati sul disagio e sulle nuove povertà forniti dalla Caritas, l’emergenza abitativa incombente, l’abusivismo, commerciale e non, la diminuzione dei livelli di sicurezza nonché il dramma della disoccupazione (giovanile e intellettuale) sembra potersi riconoscere in pieno». Afferma il direttore provinciale Cna Renzo Alessandri «si potrebbe poi segnalare il numero delle imprese artigiane cessate a gennaio scorso: ben 138 a fronte di sole 61 iscrizioni; aggiungendo che negli ultimi quattro anni, in Maremma, sono nate 1.728 imprese artigiane e sono chiuse 1.826».
«Più povera. Più violenta. Più vecchia. E, inutilmente, più istruita. E’ l’immagine dell’Italia dopo sei anni di crisi economica, politica e sociale nella fotografia scattata dal Centro Studi della CNA. In questo arco di tempo il nostro Paese ha visto crescere in maniera esponenziale le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale (superano i 18 milioni, circa tre milioni in più del 2007, e raggiungono quasi il 15% di tutti gli europei emarginati economicamente) – prosegue Alessandri -. Si tratta di persone e di famiglie con entrate inferiori al 60% del reddito medio nazionale, che non possono permettersi un pasto adeguato almeno ogni due giorni e, se lavorano, lo fanno in maniera ridotta».
Dal 2007 ad oggi, si legge ancora nella nota Cna, la percentuale di coloro che non possono sostenere una spesa imprevista, pagare le bollette, riscaldare la casa, nutrirsi come si deve è schizzata dal 6,8 al 14,5% (nel Vecchio Continente il disagio è cresciuto maggiormente solo in Grecia). Colpa della crisi, certo, ma se è vero che nello stesso periodo in Germania il numero degli emarginati è diminuito, vuol dire che la crisi non è la stessa in Europa.
Ad aggiungere disagio a disagio, in Italia, il boom degli sfratti per morosità (60 mila nel 2012). Tra il 2007 e il 2012 il Paese è diventato anche più insicuro: i reati sono cresciuti dell’8,7% e (complice la caduta delle attività economiche) sono in forte aumento quelli contro il patrimonio (i furti sono saliti del 32,5%, le truffe e le frodi informatiche del 21,8%).
La crisi spinge le famiglie a guardare sempre di meno alla qualità e la criminalità ne approfitta (non è un caso se i reati di contraffazione di marchi e prodotti industriali sono quadruplicati). L’incertezza economica e sociale si riverbera, inevitabilmente, anche sugli indici demografici (si fanno meno figli: negli anni della crisi il tasso di natalità, già basso, è calato ulteriormente).
L’età media è salita da meno di 43 a 44 anni e il peso della popolazione anziana in aumento: gli ultra 65enni sono una volta e mezza i ragazzi sotto i 15 anni e quasi un terzo della popolazione in età lavorativa (è il livello più alto d’Europa; può mettere a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale).
Eppure, forse per la difficoltà di trovare un lavoro, tra il 2007 e il 2013 si è incrementato il grado di istruzione della popolazione (sono aumentati del 23,9% i laureati e dell’11,9% i diplomati) portando al 47,4% la percentuale degli italiani in possesso di un diploma o di una laurea.
Ma il maggior livello di istruzione non ha garantito una occupazione (se prima della crisi il diploma dava quasi le stesse possibilità della laurea, il rischio disoccupazione accomuna oggi i diplomati ai possessori di licenza media).